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al testo di Ferdinando Giordano
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Gli ingranaggi del dubbio sono farraginosi nell’amante e nel padre, mai nel compagno. Ed io che sono trino, come ogni uomo concimato dalla fede, dal vizio e dall'avidità li avverto grevi e gravi, groove nella timbrica del torace o da chiglia urlano a nulla approdo, oppure: è opportuno il bugiardino nella scatola, sai bene quale. Qualcuno ha già detto che il mondo calpestato è sicuramente il nostro primo con vento: è il punto nel quale i guasti spezzano viti in corriera. Il percorso non può essere corretto. Il viaggio ti prende tutto e ovunque non è completo. E poi ti meravigli che la natura si disegni morta? Non la uccidono i pittori ma i vivandieri del consorzio del petrolio e i cucinieri delle brigate dei banchieri. Stanno da dio perchè Dio ha investito nel fondo della mela e c'è chi protegge i morsi e i vissi come mi piaceva. Cioè, inventata la macchina, ha capito che trema quando gli scoppi si susseguono, ma il cammino è preso in giro dai piedi prima che passi. Rifletti su questo: più il popolo attraversa le distese più il suo signore manca alla testa del serpentone. Scomparire continuamente sembra il metodo più opportuno per separare il dubbio dal mittente. Così l’indirizzo del vento è nell’aria indubbiamente preso da una rosa inesistente: ma che risposte dai?
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